giovedì 22 gennaio 2015

Vista perfetta senza occhiali di W.H. Bates: introduzione e capitolo 1


Qui è consultabile gratuitamente la traduzione dell'opera originale di William Bates, "Perfect sight without glasses", che risale al 1920 ed è oramai nel pubblico dominio. (http://en.wikipedia.org/wiki/William_Bates_%28physician%29)

Quest'opera, è stata tradotta in italiano per la prima volta nel 1989 dalla casa editrice Astrolabio, che decise poi di pubblicarne soltanto una parte http://www.amazon.it/metodo-Bates-vedere-senza-occhiali/dp/8834009665/

Si tratta di un libro complesso, scritto in un inglese non sempre corretto sintatticamente, che William Bates volle autopubblicare per la sua clientela, a cui proponeva un metodo alternativo di cura del difetto visivo.
Questo metodo fu al centro di molte polemiche e tutt'oggi chi lo pratica deve farlo con le dovute cautele e la dovuta preparazione.

Il libro è in molti punti nebuloso e si capisce che il dottor Bates, pur essendo un valido oculista e un fisiologo, aveva intuito aspetti percettivi e cognitivi legati alla visione a cui non sapeva bene dare spiegazioni, dato che ai tempi la psicologia della percezione e le neuroscienze non si erano ancora sviluppate. Oggi le sue scoperte sono ampiamente riconosciute da queste discipline.
Il testo originale inoltre contiene numerosi errori e sviste (per esempio in alcune frasi è scritto "destra" invece di "sinistra" o "miopia" invece di "ipermetropia", e vi sono segni sbagliati in alcune formule di fisica). E' stato quindi necessario fare un'accurata verifica dei contenuti e segnalare al lettore i refusi per evitare che il testo risultasse contraddittorio. Si tratta in ogni caso di errori perdonabili, data la stesura manuale di questo libro e l'assenza di un editore che potesse rivederlo.

Si è fatta quindi per la prima volta in Italia una traduzione critica e scientifica di quest'opera, che pur mantenendo intatto il testo originale e garantendo una traduzione di qualità, si arricchisce di strumenti per l'interpretazione dei contenuti. Al tempo stesso è stato ritenuto importante avvisare il lettore del fatto che alcuni passaggi originali del testo furono successivamente contraddetti e rivisti dallo stesso Bates in altre sue pubblicazioni.

La traduzione è opera di Mauro Teodori, appassionato ricercatore e autore sul Metodo Bates, che ha seguito i migliori insegnanti a livello mondiale (www.fissazionecentrale.it) e revisionata dalla dott.ssa Loredana de Michelis, psicologa esperta di educazione visiva e autrice di "Preferisco vederci chiaro" (http://www.amazon.it/Preferisco-vederci-chiaro-riuscirci-occhiali/dp/8887622434/).
Questa traduzione originale, con revisione critica e scientifica, è protetta da copyright e non è utilizzabile a scopi commerciali senza il permesso degli autori.

Quest'opera, la più importante del dottor Bates, ha un valore di testimonianza storica più che scientifica e va letta e intesa come un arricchimento culturale sul Metodo Bates, che fu poi successivamente sviluppato con criteri più moderni da altri autori.
In nessun caso si consiglia l'applicazione del metodo così come descritto in questo libro, senza avere compreso i rischi di alcune pratiche suggerite. D'altro canto nessun libro, che per forza di cose si rivolge a un pubblico generico, può sostituire la conoscenza approfondita di un esperto, e deve comunque sempre essere confrontato con altre fonti. Chiunque suggerisca di seguire questo metodo alla lettera e garantisca tramite di esso la guarigione di malattie come il glaucoma o addirittura la cecità, commette un reato di abuso della professione medica e inganna la buona fede del lettore.

Molte parti di questo testo furono successivamente eliminate, in un'edizione successiva, dalla stessa moglie del dottor Bates e sua stretta collaboratrice, Emily Lierman. L'opera che ne seguì consiste in questo stesso libro, ma privato delle sezioni considerate non pertinenti o non consigliabili. La versione italiana si intitola "Miglior vista senza occhiali" ( http://www.amazon.it/Miglior-Vista-Senza-Occhiali-applicazione-ebook/dp/B00KOOWA1Y/ )

Questa è invece l'opera integrale, che si è deciso di mettere a disposizione del pubblico gratuitamente, in nome della libertà di opinione e di stampa, rinunciando ai proventi dei diritti d'autore di questa versione, che è diversa, per qualità e contenuto, da qualunque altra sia presente sul mercato italiano.

Nota bene: per evitare qualunque tipo di confusione, questa traduzione, con note dei curatori, nulla ha a che vedere con la traduzione letterale della stessa opera redatta dal ragionier Giovanni Gatti e in nessun modo va confusa con essa. Si tratta di due traduzioni diverse e quindi di due diverse opere derivate dalla stessa opera di pubblico dominio (la versione originale in lingua inglese dell'opera è disponibile gratuitamente anche qui http://www.visionebenessere.it/testi.htm) che differiscono su punti sostanziali e si basano su filosofie e approcci al Metodo Bates completamente diversi.
La pubblicazione di quest'opera è stata bloccata sullo store Amazon, che ha comunicato che "c'è una terza parte che reclama i diritti di copyright su quest'opera": alla data odierna, dopo più di due mesi dall'accaduto, né "la terza parte", né Amazon, benché sollecitati, hanno fornito una motivazione valida e documentata che possa giustificare tale azione. Il tentativo di censura è stato riportato alle autorità competenti. (Per maggiori informazioni http://en.blog.wordpress.com/2013/11/21/striking-back-against-censorship/ e https://www.chillingeffects.org/)

DR. W. H. BATES
VISTA PERFETTA SENZA OCCHIALI
TRATTAMENTO DEL DISTURBO VISIVO SENZA IMPIEGO DI OCCHIALI


Titolo originale dell’opera:
Perfect Sight Without Glasses - The Cure of Imperfect Sight by Treatment Without Glasses - di William H. Bates - Copyright 1920, New York, USA

Traduzione dall’inglese a cura di Mauro Teodori e Loredana de Michelis. Traduzione depositata.
Tutti i diritti sono riservati e tutelati a norma delle leggi vigenti.

Prefazione dei curatori a questa edizione

Questo libro è la versione italiana dell’opera più importante del pioniere dell’educazione visiva, il Dott. William Horatio Bates. Non è un libro semplice, tuttavia attraverso la sua lettura approfondita ci si potrà rendere conto della portata rivoluzionaria di alcune scoperte. La moderna oftalmologia non sempre si sofferma sul fatto che “vedere bene” non consiste nella mera capacità di leggere una tabella di prova, da vicino o da lontano, ma da un insieme di abilità molto più complesse e interdipendenti.
Da quest’opera di Bates, che è alla base del lavoro oggi di molti istruttori qualificati di tutto il mondo, hanno avuto origine anche altri testi, che hanno tentato di chiarire e spiegare i suoi principi.
Questa edizione vuole essere un omaggio alla genialità di un uomo che ha sacrificato una brillante carriera, ricca di soddisfazioni economiche e di prestigio, per inseguire la conoscenza che si era prefissato.


Chi era W. H. Bates

W. H. Bates, statunitense, si laureò in medicina e chirurgia nel 1885, specializzandosi successivamente in oftalmologia. In seguito continuò a seguire corsi di medicina e alternò l’attività ospedaliera a New York con quella di studio e ricerca.
Nel 1894 scoprì le proprietà astringenti ed emostatiche dell'estratto acquoso della capsula surrenale, commercializzata poi sotto il nome di adrenalina.
Nel 1886 inaugurò un tipo di operazione atta al miglioramento della sordità permanente, che consisteva nel praticare piccoli fori o incisioni sulla membrana del timpano.
Nel corso delle sue numerose sperimentazioni, Bates cercò di dimostrare le sue teorie sulla vista, frutto dell’approfondita e disincantata osservazione di migliaia di casi. Purtroppo ottenne poco seguito dagli scienziati dell’epoca e solo negli ultimi decenni i suoi studi sono stati rivalutati.
“Vista Perfetta Senza Occhiali” fu quindi auto pubblicato nel 1919. Si tratta di un testo voluminoso, scritto con entusiasmo e senza una revisione editoriale, in cui Bates espone le sue teorie e i suoi (a volte crudi) esperimenti corredati di numerose fotografie. Il testo originale in alcuni casi è di difficile interpretazione e la traduzione italiana ha richiesto tempo e ricerche approfondite, per garantire la migliore interpretazione e leggibilità possibili e permettere anche ai lettori italiani interessati al Metodo Bates di poterne consultare la fonte.
Questa è la traduzione della versione originale e integrale, completa di tutte le sue parti, anche quelle che furono successivamente tagliate perché considerate superflue o, addirittura, pericolose.
Una testimonianza dunque anche storica, oltre che scientifica.
Nella stesura del testo, si è cercato di mantenere, compatibilmente con le soluzioni migliori per un eBook, quello che è l'aspetto del testo originale. Sono per questo stati impiegati caratteri maiuscoli, numeri romani e altro, quando fattibile. La qualità delle foto è legata al primo testo originale, dal quale sono state tratte. L'indice dei contenuti è stato mosso all'inizio del testo.
Una versione abbreviata di questo libro, intesa ad essere più adatta al lettore comune, interessato più alla sostanza del metodo che alle spiegazioni scientifiche, fu pubblicata postuma da Emily Lierman e si può trovare a questo link.

Ulteriori versioni, rivedute e tagliate, e con vari titoli, si sono succedute negli anni.

Note di traduzione

Sono invariati nel testo i termini “palming” (da palm, palmo) e “sunning” (da sun, sole) in quanto neologismi facilmente comprensibili, che si riferiscono a pratiche specifiche descritte chiaramente all’interno del libro.
Si è tradotto swinging con oscillazione (riportato altrove anche come ‘dondolio’) e shifting con spostamento, per non rendere troppo pesante la comprensione del testo al lettore italiano.
Per ulteriori indicazioni si vedano le note all’interno del testo.

Declino di responsabilità

Questo testo ha una valenza storico-culturale, ancor prima che scientifica e non vuole essere un manuale a carattere medico: i principi in esso contenuti non costituiscono alcuno strumento di diagnosi, non sono un invito a curare da soli patologie di qualsivoglia genere, né tantomeno ad abbandonare terapie mediche in atto.
I curatori del libro e l'editore declinano ogni responsabilità per danni che possano derivare dai contenuti dello stesso e dalla loro incauta applicazione.
In particolare: come riportato anche nella sezione relativa, l'esposizione al sole ad occhi aperti, come qui tradotto fedelmente dall'edizione originale, può provocare danni irreversibili alla vista, non subito rilevabili. Successivamente alla pubblicazione di "Vista perfetta senza occhiali", la posizione di Bates rispetto all'esposizione al sole cambiò. Questo emerge dagli articoli poi redatti da Bates stesso, che chiariscono l'evoluzione della sua teoria definitiva sul sunning. Egli rivide sostanzialmente questa pratica, cancellando l'osservazione diretta del sole a occhi aperti. Il sunning ora è eseguito a occhi chiusi.

Prima di intraprendere qualsiasi pratica eventualmente descritta all’interno di questo testo, fedele traduzione dall'originale, è opportuno consultare uno specialista di propria fiducia.

Buona lettura

Mauro Teodori - Loredana de Michelis



IL PRINCIPIO FONDAMENTALE 

Non riesci a leggere bene? Hai quindi notato che quando guardi la prima parola o la prima lettera di una frase non vedi meglio ciò che stai guardando direttamente, ma vedi altre parole o altre lettere altrettanto bene o persino meglio di quelle che stai guardando?
Hai notato anche che più ti sforzi di vedere, meno ci riesci?
Ora chiudi gli occhi e riposali, pensando ad un colore che puoi ricordare perfettamente, come il bianco o il nero. Tieni gli occhi chiusi finché li sentirai riposati, o finché la sensazione di tensione sarà completamente alleviata.
Ora aprili e guarda la prima parola o lettera di una frase per una frazione di secondo. Se eri riuscito a rilassarti, parzialmente o completamente, avrai un attimo di vista nitida o migliorata, e l’area che vedrai meglio sarà più piccola.
Dopo aver aperto gli occhi per questa frazione di secondo, chiudili di nuovo, rapidamente, ricordando ancora il colore, e tienili chiusi finché li sentirai di nuovo riposati. Poi aprili ancora per una frazione di secondo.
Continua questo riposo degli occhi alternato a rapide occhiate alle lettere per un po’, e scoprirai presto di riuscire a tenere gli occhi aperti più a lungo di una frazione di secondo senza perdere il miglioramento visivo.
Se hai difficoltà a vedere da lontano anziché da vicino, usa lo stesso metodo con le lettere distanti.
In questo modo puoi dimostrare a te stesso il principio fondamentale della cura della vista imperfetta.
Se non ci riesci, chiedi a qualcuno che abbia una vista perfetta di aiutarti.




FERDINAND VON ARLT 

(1812-1887) 

Insigne oftalmologo austriaco, professore di Patologia Oculare a Vienna, ritenne per un periodo che l’accomodazione fosse prodotta dall’allungamento dell’asse visivo, ma alla fine accettò le conclusioni di Cramer e Helmholtz.

Su una tomba nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Firenze fu trovata un’iscrizione che diceva:
“Qui giace Salvino degli Armati, inventore degli occhiali. Possa Dio perdonare i suoi peccati”
Nuova Enciclopedia Italiana, sesta edizione.
Questo libro è dedicato, con gratitudine, alla memoria dei pionieri dell’oftalmologia.


PREFAZIONE 

Questo libro intende essere una raccolta di fatti e non di teorie, e in quanto tale non temo che possa essere contraddetto.
Quando sono state fornite delle spiegazioni lo si è fatto con considerevole trepidazione, poiché non sono mai stato in grado di formulare una teoria che resistesse alla verifica dei fatti, sia di quelli in mio possesso ai tempi, o accumulatisi più tardi.
Lo stesso si può dire delle teorie di ogni altro uomo, perché la teoria è solo un’ipotesi, e non si può ipotizzare o immaginare la verità.
Nessuno ha mai dato una risposta soddisfacente alla domanda “Perché?”, come sa la maggior parte degli uomini di scienza, e non sentivo di poter far meglio di altri che hanno tentato e fallito.
È anche impossibile trarre conclusioni certe dai fatti, perché una conclusione è molto simile a una teoria, e può essere confutata o modificata dai fatti che si accumuleranno in seguito.
In oftalmologia, le teorie, spesso presentate come fatti, sono servite ad oscurare la verità e a scoraggiare la ricerca per più di cento anni.
Le spiegazioni dei fenomeni visivi presentate da Young, von Graefe, Helmholtz e Donders ci hanno indotti ad ignorare, o a giustificare una moltitudine di fatti che altrimenti avrebbero portato alla scoperta della verità sugli errori di rifrazione e alla conseguente prevenzione di un ammontare incalcolabile di sofferenza umana.
Nel presentare il mio lavoro sperimentale al pubblico, desidero ringraziare sentitamente la signora E. C. Lierman, la cui collaborazione per quattro anni di dure fatiche e fallimenti, ha reso possibile portare avanti il lavoro fino ad ottenere dei successi.
Sarei inoltre lieto di ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato con suggerimenti o con un’assistenza più diretta, ma non posso farlo perché mi hanno chiesto di non essere qui menzionati.
Poiché c’è stata una forte richiesta di questo libro da parte di un pubblico non specializzato, è stato fatto uno sforzo per presentare l’argomento in modo che fosse comprensibile alle persone che non hanno familiarità con l’oftalmologia.

Dr. W. H. BATES

Vista Perfetta Senza Occhiali
Trattamento del Disturbo Visivo Senza Impiego di Occhiali


CAPITOLO I 
Introduzione 

Diffusione degli errori di rifrazione - Considerati incurabili e in pratica impossibili da prevenire - L’occhio considerato come un errore di Natura - Fatti che sembrano giustificare questa conclusione - Fallimento di tutti gli sforzi volti a prevenire lo sviluppo dei difetti visivi - Futilità dei più noti metodi di trattamento - Contraddizione tra la teoria dell’incurabilità degli errori di rifrazione e i fatti - Evidenza dei fatti minimizzata o ignorata - L’autore non riesce ad ignorare i fatti o ad accettare le spiegazioni correnti - Definitivamente indotto a rifiutare le teorie comunemente accettate.

A quanto pare, la maggior parte degli studiosi di oftalmologia ritengono che sia ormai stata detta l’ultima parola sui problemi della rifrazione, e che, secondo le loro teorie, quest’ultima parola sia sconfortante. Quasi tutti, al giorno d’oggi, soffrono di qualche forma di errore di rifrazione. Eppure ci viene detto che per questi mali, che sono non soltanto fastidiosi ma spesso anche sconfortanti e pericolosi, non c’è alcuna cura, alcun palliativo all’infuori di quelle grucce ottiche note come occhiali, e che nelle moderne condizioni di vita non è possibile alcuna misura preventiva.
È un fatto ben noto che il corpo umano non è un meccanismo perfetto. La Natura si è resa colpevole, nell’evoluzione della costituzione del corpo umano, di alcuni aggiustamenti difettosi. Per esempio, ha lasciato qualche fastidioso residuo di impalcatura, come l’appendice vermiforme. Ma in nessun altro componente sembrerebbe avere commesso un errore così grossolano come nella struttura dell’occhio.
Tutti gli oftalmologi assicurano, in pieno accordo, che l’organo visivo dell’uomo non era stato costruito per l’uso a cui viene oggi adibito. Molti secoli prima che esistessero scuole e caratteri di stampa, luce elettrica e cinema, la sua evoluzione era completa. A quei tempi esso suppliva ottimamente ai bisogni dell’animale uomo. Questi era cacciatore, pastore, contadino, guerriero. Quello che gli occorreva soprattutto era, a quanto si dice, vedere da lontano; e poiché l’occhio, in stato di riposo, è adatto per l’appunto a vedere da lontano, si può supporre che la vista fosse in genere passiva come la percezione del suono e non richiedesse quindi alcuna azione muscolare. Vedere da vicino, si desume, era l’eccezione che richiedeva un adattamento muscolare di così breve durata, che poteva essere compiuto senza porre un carico di lavoro eccessivo sul meccanismo dell’accomodazione.

Fig.1 Abitanti della Patagonia. La vista di questa coppia di primitivi e dei seguenti gruppi fu testata alla World’s Fair a St. Louis e fu trovata normale. L’esperienza non abituale di essere fotografati, comunque, li aveva evidentemente disturbati tanto da renderli probabilmente miopi di fronte alla macchina fotografica.(vedi cap. IX)

Il fatto che la donna primitiva fosse una filatrice, una ricamatrice, una tessitrice, un’artista in ogni sorta di stupendi lavori di precisione, sembra sia stato generalmente dimenticato. Eppure le donne che vivono in condizioni primitive hanno la vista buona proprio come gli uomini.
Quando l’uomo imparò a comunicare il proprio pensiero agli altri tramite la parola scritta o stampata, furono senza dubbio imposti all’occhio nuovi compiti, che all’inizio riguardavano poche persone, ma che gradualmente si diffusero fino ad oggi, e nei paesi più progrediti la maggior parte della popolazione è ora soggetta alla loro influenza.


Fig.2 Pigmei africani. Fu loro riscontrata una vista normale, ma le loro espressioni mostrano che non l’avevano quando furono fotografati.

Poche centinaia di anni fa nemmeno ai figli dei re veniva insegnato a leggere e scrivere. Ora costringiamo tutti ad andare a scuola, lo vogliano o no, e perfino i bambini piccoli vengono mandati all’asilo. Fino alla generazione che ci ha preceduti, o all’incirca, i libri erano pochi e costosi. Oggi, con ogni genere di librerie fisse o ambulanti, il libro è stato messo quasi alla portata di tutti. Il giornale moderno con le sue infinite colonne malamente stampate è stato reso possibile dalla scoperta dell’arte di fabbricare la carta col legno; e questa è cosa di ieri. Solo recentemente la candela di sego è stata sostituita dalle varie forme di illuminazione elettrica, che induce molti di noi a prolungare impegni e divertimenti in ore durante le quali l’uomo primitivo era costretto a riposare, e nell’ultima ventina di anni è arrivata la cinematografia a completare il probabile processo distruttivo.
Era ragionevole aspettarsi che la Natura provvedesse a tutti questi sviluppi producendo un organo che potesse rispondere a questi nuovi compiti? E’ ferma convinzione dell’oftalmologia moderna che questo non potesse essere possibile e non sia accaduto (1) e che, mentre il progresso della civiltà dipende dal senso della vista più che da qualunque altro, l’organo visivo non sia sufficientemente adatto ai suoi compiti.
Molti fatti sembrano giustificare questa conclusione: mentre l’uomo primitivo sembra abbia poco sofferto di difetti visivi, si può sicuramente affermare che fra le persone che hanno più di ventun anni e che vivono nelle attuali condizioni di civiltà, nove su dieci soffrano di vista imperfetta e che con l’età la proporzione aumenti, finché a quarant’anni è quasi impossibile trovare una persona esente da difetti visivi. Esistono numerose statistiche a prova di ciò, ma gli standard visivi dell’esercito moderno (2) sono sufficienti a fornire tutte le prove necessarie.
In Germania, Austria, Francia e Italia la capacità visiva con occhiali determina l’accettazione o l’esclusione dal servizio militare, e in tutti questi paesi sono permesse più di sei diottrie di miopia (3) sebbene una persona così menomata non possa senza occhiali vedere nulla chiaramente a più di 15 cm di distanza. Nell’esercito tedesco si richiede, o era richiesta dal precedente governo, una capacità visiva con occhiali di 6/12 in un occhio, cioè si deve riuscire a leggere con questo occhio a sei metri la linea normalmente letta a 12 metri; in altre parole si è considerati adatti al servizio militare se la vista di un occhio può essere portata alla metà del normale tramite la correzione degli occhiali. La vista nell’altro occhio può essere minima, e nel Landsturm un occhio può essere cieco.
Anche se gli occhiali sembrano assurdi sui soldati, le autorità militari nel continente europeo sono arrivate alla conclusione che un uomo con una vista di 6/12 con gli occhiali può servire meglio di un uomo con 6/24 (un quarto del normale) senza.
In Gran Bretagna, in precedenza, era la capacità visiva al di là delle correzioni ad essere determinante per l’arruolamento. Ciò era probabilmente dovuto al fatto che prima della recente guerra, l’esercito britannico era utilizzato principalmente per il servizio estero, e queste distanze dalla base potevano rendere difficile il rifornimento di occhiali. Lo standard all’inizio della guerra era 6/24 (non corretto) per l’occhio migliore e 6/60 (non corretto) per il peggiore, che si richiedeva essere il sinistro.

 

Fig.3 Mori delle Filippine. Pur avendo una vista normale, erano tutti probabilmente miopi quando fu scattata la fotografia, eccetto quello in alto a sinistra, i cui occhi erano chiusi.

Più tardi, a causa della difficoltà di assicurarsi abbastanza uomini anche solo con questo moderato grado di acutezza visiva, furono accettate reclute la cui vista poteva essere portata a 6/12 con gli occhiali, purché la vista in un occhio fosse di almeno 6/24 senza occhiali. (4)
Nel 1908 gli Stati Uniti richiedevano una vista normale alle reclute. In quell’anno Bannister e Shaw fecero alcuni esperimenti dai quali conclusero che un’immagine perfettamente definita del bersaglio non era necessaria per sparare bene, e perciò un’acutezza visiva di 20/40 (l’equivalente in piedi di 6/12 in metri) o anche di 20/70, in un solo occhio, era sufficiente per avere un soldato efficiente. Questa conclusione non fu accettata senza proteste, ma la vista normale era diventata così rara, che probabilmente alle autorità parve inutile insistere sull’argomento. Lo standard visivo per l’ammissione all’esercito fu abbassato a 20/40 per l’occhio migliore e 20/100 per il peggiore, mentre successivamente furono accettate reclute incapaci di leggere con l’occhio migliore tutte le lettere sulla linea da 20/40, purché fossero in grado di leggere alcune lettere sulla linea dei 20/30. (5)
Si sa che nel primo arruolamento di truppe per la guerra europea questi standard molto bassi furono trovati essere troppo elevati e furono interpretati con grande libertà. Più tardi furono abbassati così che gli uomini potessero essere incondizionatamente accettati per il servizio militare con una vista di 20/100 in ciascun occhio senza occhiali, se la vista di un occhio poteva essere portata a 20/40 con gli occhiali, mentre per il servizio temporaneo era sufficiente avere 20/200 in ciascun occhio, se la vista di un occhio poteva essere portata a 20/40 con gli occhiali. (6)
Nonostante ciò il 21.68 per cento di tutte le esclusioni dal primo arruolamento, 13 per cento in più di ogni altra singola causa, erano basate su difetti visivi, (7) e dopo l’ulteriore abbassamento degli standard, questi difetti ancora costituivano una delle tre principali cause di esclusione: ne erano responsabili per il 10.6 per cento, mentre difetti di ossa e articolazioni e difetti di cuore e circolatori, erano, rispettivamente, di 2 e 2 e mezzo punti percentuale più alti. (8)
Per più di cent’anni la classe medica ha cercato qualche metodo per limitare i danni all’occhio umano causati dalla civiltà. I tedeschi, per i quali la cosa era di vitale importanza militare, hanno speso milioni di dollari per mettere in pratica i suggerimenti degli esperti, ma senza risultato; ed ora molti studiosi dell’argomento ammettono che i metodi che una volta venivano ritenuti come sicura salvaguardia della vista dei nostri bambini hanno fatto poco o nulla. Alcuni considerano la cosa con minor pessimismo, ma le loro conclusioni sono duramente smentite dagli standard dell’esercito appena citati.
Riguardo al principale metodo di trattamento, per mezzo di lenti compensative, ben poco si è detto, tranne che questi espedienti neutralizzano gli effetti delle varie condizioni per le quali sono prescritti, così come una stampella consente a uno zoppo di camminare. Si è anche creduto che a volte gli occhiali arrestassero il progredire di queste condizioni, ma ogni oftalmologo sa oggi che la loro utilità per questo scopo è molto limitata, se mai esiste.
Nel caso della miopia, (9) il Dr. Sidler Huguenin di Zurigo, in un’interessante relazione recentemente pubblicata (10), esprime l’opinione che gli occhiali e tutti i metodi ora a nostra disposizione siano “di scarsa utilità” nel prevenire il progredire dell’errore di rifrazione o lo sviluppo di serie complicazioni con le quali è spesso associato.
Queste conclusioni sono basate sullo studio di migliaia di casi nella pratica privata del Dr Huguenin e nella clinica dell’università di Zurigo, e, per quanto riguarda un gruppo di pazienti, persone connesse con le istituzioni educative locali, egli afferma che il fallimento ha avuto luogo a dispetto del fatto che essi avessero seguito le istruzioni per anni “con grande energia e tenacia“, alcune volte cambiando le loro professioni.
Io ho studiato per più di trent’anni la rifrazione dell’occhio umano, e le mie osservazioni confermano pienamente queste conclusioni sull’inutilità di tutti i metodi che sono stati fino ad ora impiegati per prevenire e curare gli errori di rifrazione. Fui presto indotto a credere, però, che il problema non per questo fosse insolubile.
Qualsiasi oftalmologo dotato di una certa esperienza sa che la teoria dell’incurabilità dei vizi di rifrazione non si concilia coi fatti osservati. Non di rado alcuni casi guariscono spontaneamente, o da una forma cambiano in un’altra. Per molto tempo questi fatti sono stati ignorati o giustificati in qualche modo, e fortunatamente per coloro che considerano necessario sostenere ad ogni costo le vecchie teorie, il ruolo attribuito al cristallino nell’accomodazione offre, nella maggior parte dei casi, una spiegazione plausibile. Secondo questa teoria, che molti di noi hanno appreso a scuola, l’occhio cambia la sua messa a fuoco per vedere a distanze diverse modificando la curvatura del cristallino. Cercando una spiegazione all’incostanza del teoricamente costante errore di rifrazione, i teorici ebbero l’ingegnosa idea di attribuire al cristallino la capacità di mutare la sua curvatura non solo con lo scopo della normale accomodazione, ma anche per correggere o produrre errori di accomodazione.
Nell’ipermetropia (11) (comunemente, ma impropriamente chiamata “vista lunga”, sebbene il paziente che ne è affetto non veda chiaramente né da vicino né da lontano), il bulbo oculare è troppo corto orizzontalmente e tutti i raggi luminosi, sia quelli convergenti provenienti da oggetti vicini (Probabilmente si tratta di un errore: come ribadito correttamente in seguito, si tratta di raggi “divergenti” e non “convergenti” N.d.t.), sia quelli paralleli provenienti da oggetti lontani, vengono messi a fuoco dietro la retina anziché su di essa. Nella miopia l’asse orizzontale è troppo lungo e mentre i raggi divergenti provenienti da oggetti vicini si congiungono in un punto sulla retina, quelli paralleli provenienti da oggetti lontani non la raggiungono.
Si suppone che entrambe queste condizioni siano permanenti, le une congenite, le altre acquisite. Nel caso quindi che una persona che risulta ipermetrope o miope certe volte sembri non esserlo o esserlo in minor grado, non è permesso supporre che vi sia stato un mutamento nella forma dei suo bulbo oculare. Di conseguenza, nel caso della scomparsa o diminuzione dell’ipermetropia, siamo tenuti a credere che l’occhio, nell’atto di vedere, sia da vicino che da lontano, aumenti la curvatura del cristallino tanto da compensare, del tutto o in parte, l’appiattimento del bulbo oculare.
Nella miopia, al contrario, ci viene raccontato che l’occhio fa un errore nel produrre tale condizione o nel peggiorare quella esistente. In altre parole, al cosiddetto “muscolo ciliare” che si crede controlli la forma del cristallino, viene attribuita la possibilità di acquistare un maggiore o minore stato di contrazione continua, tenendo così il cristallino continuamente in uno stato di convessità che, secondo la teoria, dovrebbe invece assumere soltanto per la visione da vicino.

Fig.4 Diagramma del bulbo oculare Schematizzazione di un occhio ipermetrope, emmetrope e miope.
H, ipermetropia; E, emmetropia; M, miopia; Ax, asse ottico. Notare che nell’ipermetropia e nella miopia i raggi, invece di andare a fuoco, formano una macchia tonda sulla retina.

Questi strani comportamenti possono sembrare innaturali al profano, ma gli oftalmologi ritengono che la tendenza di questi a permanere, sia così radicata nella costituzione dell’organo visivo, che nel prescrivere le lenti si è soliti istillare negli occhi dell’atropina, le “gocce” che conosce chiunque si sia fatto visitare da un oculista, con lo scopo di paralizzare il muscolo ciliare onde prevenire qualunque mutamento della curvatura del cristallino, mettendo in evidenza una “latente ipermetropia” e liberando l’occhio dalla “apparente miopia.”
Si crede, però, che l’interferenza del cristallino abbia soltanto una moderata influenza, per quanto concerne la variazione degli errori di rifrazione, e solo limitatamente ai i primi anni di vita. Per i gradi più elevati, e per quello che avviene dopo i quarantacinque anni, quando si crede che il cristallino abbia perduto la sua elasticità in grado maggiore o minore, nessuna spiegazione plausibile è mai stata trovata.
La scomparsa dell’astigmatismo (12) o il mutamento della sua forma, presentano un problema ancor più sconcertante. Questa condizione è dovuta in molti casi a un mutamento asimmetrico nella curvatura della cornea, che ha come risultato l’impossibilità di mettere i raggi luminosi a fuoco in qualsiasi punto, e si suppone che l’occhio abbia solo un potere limitato di affrontare questa condizione, eppure l’astigmatismo va e viene con la stessa facilità degli altri vizi di rifrazione. È anche noto che può essere prodotto volontariamente. Alcune persone possono produrne fino a tre diottrie. Io, personalmente, posso produrne una e mezza.
Avendo esaminato 30.000 paia di occhi all’anno all’ambulatorio Eye and Ear Infirmary di New York ed in altri istituti, ho osservato molti casi in cui gli errori di rifrazione o guarivano spontaneamente o cambiavano forma, e non mi è stato possibile non accorgermene né accontentarmi delle spiegazioni ortodosse, anche quando tali spiegazioni sembravano accettabili.


Fig.5 L’occhio come macchina fotografica
L’apparato fotografico: D, diaframma fatto di lamine circolari di metallo sovrapposte tramite le quali può essere allargata o ristretta l’apertura attraverso cui i raggi di luce entrano nella macchina; L, lente; R, lastra fotografica (la retina dell’occhio); AB, oggetti da fotografare; ab, immagine sulla lastra.
L’occhio: C. cornea dove i raggi di luce hanno una prima rifrazione; D, iride (il diaframma della macchina); L, cristallino, dove i raggi di luce sono di nuovo rifratti; R, retina dell’occhio normale; AB, oggetto visivo; ab, immagine nell’occhio normale o emmetrope; a’b’ immagine nell’occhio ipermetrope; a”b” immagine nell’occhio miope. Notare che in a’b’ e a”b” i raggi sono sparsi sulla retina, col risultato di formare un’immagine sfocata, invece di essere messi a fuoco come in ab.


Mi sembrava che se un’affermazione è vera dovesse esserlo sempre. Non possono esservi eccezioni. Se i vizi di rifrazione sono incurabili, non dovrebbero guarire, o mutare forma, spontaneamente.
Con l’andar del tempo scoprii che miopia e ipermetropia, come l’astigmatismo, potevano essere prodotti volontariamente; che la miopia non era, come si era creduto per tanto tempo, associata all’uso degli occhi a distanza ravvicinata, ma piuttosto con lo sforzo di vedere oggetti lontani, mentre lo sforzo per vedere gli oggetti vicini andava associato con l’ipermetropia; che nessun errore di rifrazione era mai una condizione costante; e che i gradi più bassi degli errori di rifrazione potevano essere eliminati, mentre i gradi più alti potevano migliorare.
Cercando di far luce su questi problemi, esaminai decine di migliaia di occhi, e più fatti accumulavo, più diventava difficile riconciliarli con le teorie comunemente accettate. Alla fine, circa dodici anni fa, intrapresi una serie di osservazioni sugli occhi degli esseri umani e degli animali inferiori, e il risultato convinse tanto me quanto gli altri che il cristallino non è un fattore nell’accomodazione e che gli aggiustamenti necessari per vedere a distanze diverse sono effettuati dall’occhio, esattamente come nella macchina fotografica, per mezzo di una modificazione della lunghezza dell’organo, e questa modificazione viene ottenuta grazie all’azione dei muscoli esterni del bulbo oculare. Ugualmente convincente fu la dimostrazione che gli errori di rifrazione, inclusa la presbiopia, sono dovuti non ad un mutamento organico della forma del bulbo oculare o della struttura del cristallino, ma ad un cambiamento funzionale, e perciò curabile, nell’azione dei muscoli estrinsechi.
Facendo queste affermazioni sono ben consapevole di contraddire gli insegnamenti della scienza oftalmologica, per quasi un secolo mai messi in discussione; ma sono stato portato a queste conclusioni da fatti, e in modo così lento, che sono sorpreso della mia stessa cecità.

 

Fig.6 Indiani messicani. Con vista normale quando furono testati, tutti i membri di questo gruppo di primitivi presentano ora strabismo o fissità.
Agli inizi, curavo gradi elevati di miopia, ma volevo fare il conservatore e facevo differenza fra la miopia funzionale, che riuscivo ad eliminare o migliorare, e la miopia organica che, per deferenza alla tradizione ortodossa, accettavo come incurabile.


Fig.7 Ainus, gli abitanti aborigeni del Giappone.
Tutti mostrano segni di temporanea vista imperfetta.



NOTE

1 “Lo sforzo innaturale di accomodare gli occhi per l’attività a distanza ravvicinata (cosa per la quale non sono stati progettati) porta molti bambini alla miopia durante la crescita” - Rosenau: Preventive medicine and hygiene, terza edizione, 1917, p. 1093.
“Il destino o un errore evolutivo hanno fatto sì che l’occhio non aiutato debba sempre lottare contro le pesanti difficoltà e gli errori inevitabili del suo funzionamento a livello strutturale e circostanziale” - Gould: The cause, Nature and Consequences of Eyestrain, Pop. Sci. Monthly, Dic. 1905.
“Con l’invenzione della scrittura e poi con l’invenzione della stampa fu introdotto un nuovo elemento, non evidentemente progettato dall’evoluzione. L’occhio umano che si era evoluto per la visione distante è forzato a giocare una nuova parte, per la quale non si era evoluto, e per la quale è malamente adattato. La difficoltà è stata aumentata ogni giorno” - Scott: The sacrifice of the eyes of school children, Pop. Sci. Monthly, Oct. 1907.

2 Ford: Details of Military Medical Administration, pubblicato con l’approvazione del “General Surgeon“ dell’esercito degli Stati Uniti, seconda edizione rivista, 1918, pp.498-499.

3 Una diottria è il potere accomodativo necessario per mettere raggi paralleli a fuoco ad un metro di distanza.

4 Tr. Ophth. Soc. U. Kingdom, vol xxxviii, 1918, pp. 130-131.

5 Harvard: Manuale di Igiene Militare per il Military Services of United States, pubblicato sotto l’autorità e con l’approvazione del “General Surgeon“ dell’esercito degli Stati Uniti, terza edizione rivista, 1917, p.195.

6 Standard di esaminazione fisica a uso dei Comitati Locali, Comitati distrettuali, e dei Consultori Medici sotto le regolamentazioni delle Legge sul Servizio di Reclutamento, emanata dall’ufficio del Capo di Polizia Militare, 1918.

7 Rapporto del Capo della Polizia Militare al Segretario di Guerra sulla Prima Selezione in base alla Legge del Servizio di Reclutamento, 1917.

8 Secondo rapporto, ibid.

9 Dal greco myein, chiudere e ops, occhio; letteralmente una condizione nella quale il soggetto chiude l’occhio o batte le palpebre.

10 Archiv. F. Augenh. Vol. lxxix 1915, tradotto in Arch. Ophth, vol, xlv, no 6 nov. 1916.

11 Dal greco hyper, sopra; metron, misura; e ops, occhio.

12 Dal greco a, senza, e stigma, un punto.

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